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Il D.P.C.M. del 22 marzo 2020 in vigore da oggi e sino al 3 aprile, riprende e richiama, in un non sempre facile collage, le precedenti disposizioni governative.
La prima cosa da evidenziare è il “periodo cuscinetto” ossia il tempo fornito alle imprese ed ai lavoratori di riorganizzare la propria attività, di andare in ufficio a prendere documentazione utile per lavorare in smart working o per predisporre tutte quelle attività propedeutiche alla spedizione delle merci o alla sospensione dell’attività. Infatti, il comma 4 del provvedimento dispone che “le imprese le cui attività sono sospese per effetto del presente decreto completano le attività necessarie alla sospensione entro il 25 marzo 2020, compresa la spedizione della merce in giacenza”. Quindi ogni eventuale nuova sospensione avverrà dal 26 marzo.

Ma quali sono le attività sospese?

Il provvedimento le evidenzia per converso ossia inquadra quelle che possono proseguire a lavorare. Per loro però, al fine di una reale abilitazione allo svolgimento del lavoro, richiama le disposizioni condivise con le parti sociali in data 14 marzo circa la salubrità degli ambienti e la distribuzione dei DPI ai lavoratori, nonché il forte invito allo smart working.
Sono sospese tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1 che contiene un nutrito elenco di attività non sospese (sono circa 80) in cui sono ricomprese l’intera filiera alimentare per bevande e cibo, quella dei dispositivi medico-sanitari e della farmaceutica e, tra i servizi, quelli dei call center. È, altresì, precisato che l’elenco potrà essere aggiornato con decreto del Mise sentito il MEF.
Unitamente a queste, l’attuale D.P.C.M. richiama quelle attività commerciali già autorizzate ad operare in forza del D.P.C.M. 11 marzo 2020, come per esempio tutto il settore del commercio alimentare al dettaglio.

Come capire se l’attività è sospesa?

Le imprese e le partite IVA, se non titolari di attività commerciali già autorizzate dal D.P.C.M. 11 marzo, per saper cosa fare da oggi devono prendere la “white list” (allegato 1 al D.P.C.M.), ricercare all’interno il proprio codice di attività e così fare una prima valutazione. Se la ricerca è stata positiva possono proseguire nelle attività.

Se è stata negativa prima di organizzarsi per la sospensione devono effettuare altre verifiche.

Infatti, se le imprese possono organizzarsi in modalità a distanza o lavoro agile possono proseguire l’attività in ogni caso.

Se anche questa possibilità ha dato esito negativo, prima di gettare la spugna ed entrare in “riposo forzoso”, devono controllare se l’attività esercita rientrasse comunque nei punti E – F – G – H dell’art. 1 del D.P.C.M.
Troviamo in questi punti i servizi di pubblica utilità, nonché servizi essenziali di cui alla legge 12 giugno 1990, n. 146, l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici, nonché di prodotti agricoli e alimentari, le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo, previa comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva, dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all’impianto stesso o un pericolo di incidenti, le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa autorizzazione del Prefetto della provincia ove sono ubicate le attività produttive.
Se anche dopo questa ricerca il nostro imprenditore o il nostro lavoratore autonomo non si fosse riconosciuto nelle attività consentite avrebbe ancora una ultima carta da giocarsi: il comma D.
Questo è il punto più complesso da analizzare.
Infatti. si dispone che restano sempre consentite anche le attività che sono “funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività legittimate a proseguire”. Per queste imprese però vige l’onere di darne tempestiva comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva.
Difficile interpretare con chiarezza cosa significhi essere funzionale ad altre attività e quanto lunga può essere la filiera. In questo caso però l’impresa è obbligata a dare immediata comunicazione al Prefetto per spiegare le ragioni della propria apertura ed attendere la risposta. Vige il principio del silenzio assenso.

Cosa si prevede per le professioni?

I professionisti iscritti agli ordini possono senza dubbio proseguire le loro attività, con tutte le precauzioni del caso e privilegiando lo smart working, in forza di generale abilitazione di cui al punto A e delle specifiche autorizzazioni secondo i codici Ateco.